CONTRORDINE COMPAGNI STORICI. E’ TUTTO DA RIFARE,O QUASI.

Il buon Guareschi, con le sue indimenticabili vignette, prendeva in giro i compagni d’antan. Questo articolo non vuole avere un contenuto politico né tantomeno rinverdire la contrapposizione ideologica degli anni 50/60 del secolo scorso. Ma, avvalendosi anche all’aggettivo che in aggiunta il Guareschi appioppava ai “compagni” ovvero “i trinariciuti”, si vuole catalogare un ordine di proni ortodossi, questa volta della storia. Intanto per Guareschi, i trinariciuti erano appunto persone dotate di tre narici, due delle quali servivano per respirare, la terza per drenare la materia grigia dalla scatola cranica e immettere dalla stessa ordini e disposizioni che rendevano la persona di una obbedienza cieca, pronta, assoluta. E trinariciuti della storia sono stati per molto tempo, per 150 anni,  generazioni di cattedratici e aspiranti tali, l’ordine era: vietato parlare male di Garibaldi, esaltare il risorgimento dei luoghi comuni e di stratificate falsità, questa era la loro Bibbia. E come integralisti dell’ortodossia risorgimentale, questi signori (che Angelo Manna definiva in una sua interpellanza parlamentare: ciucci e venduti), hanno scritto la storia ad usum Delphini, l’hanno scritta dalla parte dei vincitori, con pervicacia, ignorando e a volte isolando qualche raro se non unico onesto storico quale Tommaso Pedio. I Galasso, i Villari, i Volpe, i Croce hanno compiuto un’opera di rimozione generazionale, un calcolato insulto della memoria, generata da una “casta” di tromboni retrivi. Ma ecco che improvvisamente, questa “casta di sacerdoti custodi di pompose certezze ”, anche se con la solita boria e sufficienza che l’ha sempre marcata, comincia con le prime ammissioni, con una condiscendenza farcita dalla solita spocchia da unti dal Signore. Il Brigantaggio, le centinaia di migliaia di sudisti uccisi dai piemontesi, un centinaio tra paesi rasi al suolo peggio di Cartagine,  gli stupri, le chiese violate, i campi di concentramento, il peggiore e becero razzismo? Ma erano cose risapute ci dicono oggi, ma non lo hanno mai scritto, la loro memoria diminuiva con il progredire della loro carriera accademica e delle relative prebende: la carriera di storici a senso unico.  Contrordine storici trinariciuti, e così inaspettatamente ma con una scansione temporale che sembra obbedire ad un ordine di scuderia, tra format televisivi e le “fatiche” di qualche storico “neorevisionista di razza” cominciano a circolare testi il cui contenuto, ahimè, se da un lato riconosce gli orrori e le malversazioni commessi dalla razza ariana-piemontese, dall’altro, non cessa di ricordare quanto bene ha ricevuto questo Sud popolato da affricani affetto da una innata e quindi lombrosiana incapacità. Il Galli della Loggia nei suoi editoriali invoca una coesione nazionale, e intanto arriva a tacciare di ignoranza Edoardo Bennato, colpevole di aver dedicato canzoni ai Briganti e al Re Borbone. Giordano Bruno Guerri scrive “Il Sangue del Sud”, un libro visto il contenuto, che ogni meridionale dovrebbe evitare di acquistare, ancora, ecco comparire un libercolo, ”Viva l’Italia”scritto da Aldo Cazzullo un torinese neh, in forza al Corriere della Sera e noto per la scarsa se non nulla considerazione che lo stesso ha degli abitanti al di sotto del Garigliano. In giro per sagre e comitati periferici per i 150 anni dall’annessione, troviamo il leccese Antonio Caprarica, in un lampo partorisce la sua ultima “fatica”: “C’era una volta in Italia”, presentata come una novità, se non fosse che già nel 1990 un Vito Di Dario dava alle stampe  altro testo “Oh,mia Patria” vera musa ispiratrice del Caprarica. Una serie di editoriali, libri e incontri sui vari  programmi televisivi che hanno un unico intento: quello di dare un premio di consolazione  ai tanti movimenti meridionalisti e che rivendicano una volta per tutte una storia del risorgimento che renda giustizia. Ma, attenzione, questi pseudo revisionisti blasonati perseguono un proposito molto chiaro, appropriarsi delle rivendicazioni sudiste e adeguarle alla loro ideologia, quella che ci hanno propinato per 150 anni. Valga per tutti un caso clamoroso, dovuto forse ad una buona dose di ingenuità o ad improvviso scollegamento tra materia grigia e parole in libertà.  L’Infedele del 2 novembre u.s. vedeva tra gli ospiti Sergio Luzzatto (una cattedra di storia a Torino), uno degli argomenti era il proliferare di “libelli” antirisorgimento, scritti da “ignoti” e che tuttavia avevano un ottimo successo di pubblico (Aprile con il suo Terroni non veniva citato), ebbene, questo storico di rango dichiarava: “.. non hanno torto,è stata una guerra civile, una guerra occultata per un secolo e mezzo.  Noi concediamo questi argomenti, è un po’ come la storia della II G.M., abbiamo regalato a Pansa argomenti risaputi ma mai affrontati da alcuno. Non dobbiamo fare la stessa cosa con la repressione al Brigantaggio, se lo facciamo dire ai peggiori e non lo diciamo noi con i mezzi di una cultura, come dire, più degna, allora i risultati sono una confusione dei ruoli e del vero dal falso”.  Caro Luzzatto,non fu una guerra civile, ma una guerra (nella campagna per la repressione del Brigantaggio l’esercito piemontese ebbe 4 medaglie d’oro, 2.375 d’argento e 5.012 menzioni onorevoli) contro un esercito straniero di invasori, non erano nostri fratelli, era un esercito di locuste affamate, voraci. Grazie per averci definito i peggiori, ma non abbiamo trovato posto tra i migliori, tra i più onesti, tra i blasonati cattedratici, tra i depositari del sapere storico. Quei posti  fortunatamente per noi li avevate occupati tutti. Vi accalcavate senza risparmiarvi spallate, gomitate, scalciavate e sbraitavate nella corsa  al primo della classe. Non è servito a nulla, noi i peggiori siamo qui a presentarvi il conto.

Distinti saluti

Perrucci Antonio

11 commenti

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11 risposte a “CONTRORDINE COMPAGNI STORICI. E’ TUTTO DA RIFARE,O QUASI.

  1. Salvatore Santamaria

    I “gospel” in swahili mi aiutano ad evadere dalle nostre miserie di meridionali colonizzati dai nordisti… Che vogliono coninuare ad esercitare un benchè minimo imperio colonialistico… raccontando cazzate. Del resto, non ci hanno forse chiamati “affrikani”!?
    Caro Antonio (Perrucci), ho visto anch’io un po’ di quell’ “Infedele” dell’habiru Gad Lerner (che farebbero meglio a chiamarlo “Traditore”!). La ringarzio per aver riproposto e stigmatizzato in questa sede la solita pretesa dei “polentoni”: i soldi li comandiamo noi.
    DOBBIAMO PASSARE A FARCI I NOSTRI PARTITI TERRITORIALI, come consigliato da Miccichè!
    I bolognesi (fini e casini), il piacentino (“crapa di mongolfiera” bersani) ed il brianzolo (berlusconi) “si” comandassero a CASA LORO!

  2. Salvatore Santamaria

    Leggiamo Lino Patruno, dalla Gazzetta del Mezzogiorno:

    Facciamo il federalismo per dividere l’Italia proprio quando dovrebbe essere più unita. Doveva essere federale l’Italia del 1861, ma si disse: ora che la uniamo dopo 1400 anni, non corriamo rischi. E poi non c’era tempo, si fece in gran fretta, morì sùbito Cavour [*] che era l’unico ragionevole. Allora si misero insieme genti diverse e lingue diverse. Forse andavano anche curate in modo diverso. Ora si fa il federalismo per spaccare una volta per tutte l’Italia mai tanto spaccata in 150 anni.
    E non parliamo solo del divario fra Nord e Sud, altrimenti cominciano a sbuffare e ti dicono che sei neoborbonico. Ma bisognava ascoltare i vaccari veneti in un compiacente programma tv sull’alluvione: noi ci rimbocchiamo le maniche, non stiamo mica ad aspettare che qualcosa scenda dal cielo come in altre parti d’Italia.
    Scommettiamo che si riferivano al Sud? Immaginabile la cultura di un vaccaro, inquietante il pregiudizio a pappagallo.
    Ma la lacerazione non investe solo i vaccari. Ascolti, sempre in tv, dello spreco e del disservizio di un’azienda pubblica incaricata di attirare, pensa un po’, investimenti esteri in Italia. Ti sbattono da un call center a un altro, non sai con chi parlare: fino a chiederti se quella azienda esista davvero. Roba da indignazione generale, colore politico che sia. Ma no, l’unica reazione è che avete detto che il presidente è di centrodestra ma avete nascosto che l’amministratore delegato è di centrosinistra. Fine della trasmissione, l’azienda continuerà a sbatterti da un call center all’altro.
    Ma anche quando cerchi di esprimere le ragioni del Sud, nulla di più impopolare, e spesso anche al Sud, specialista in autogol. Ti parlano di una iniziativa, sì ma non vogliamo meridionalismo . La nuova segretaria della Cgil, Camusso, assicura che il Sud è nel suo cuore, ma non un Sud . Per il Sud c’è sempre un aggettivo pronto, qualcuno che gli dice come deve comportarsi. Bisognerebbe coniare uno slogan sessantottesco: il Sud a testa in giù gli piace di più.
    Così senza alcuna reazione diventiamo un Paese federale a encefalogramma piatto. E invece di arrivarci perché il Paese funzioni meglio, ci arriviamo perché i vaccari veneti dicono che solo loro si danno da fare (ma con i soldi dello Stato come terroni qualsiasi). In una svagatezza collettiva, come se si stesse decidendo che fare stasera. Col Sud mezzo compiacente mezzo inetto che non capisce l’operazione di conservazione del potere che c’è dietro. Facendosi massacrare da chi lo dipinge soltanto come spreco, monnezza e malaffare. E tutti quelli che dalla mattina alla sera si spezzano la schiena come gli altri italiani ma nelle condizioni peggiori? Militi ignoti, silenzio d’ordinanza.
    I convinti federalisti meridionali col dono della inconsapevolezza ricordino quando la Lega Nord è nata. Anni ’90, poco dopo la chiusura della Cassa per il Mezzogiorno. Cioè poco dopo la cessazione del flusso di denaro che faceva del Sud un grande e garantito mercato di consumo per i prodotti del Nord. Cioè poco dopo che quei soldi avevano finito di andarsene al Nord con una partita di giro. Allora con la sua consueta faccia metallica Bossi ha detto: ci siamo stancati di assistere il Sud parassita, ciascuno si tenga il suo.
    Non aveva mai assistito nessuno, perché i soldi per il Sud provenivano dal debito pubblico, cioè quello che faceva lo Stato (Bot, Cct e compagnia), non dalle tasse del Nord. Bot, Cct e compagnia acquistati, attenzione, soprattutto dai benestanti del Nord. Il quale lucrava due volte: vendendo prodotti al Sud, e incassando lauti interessi sul debito che si faceva perché il Sud li acquistasse. Strano che finché è andata così nessun Bossi abbia mai protestato.
    La rivolta fiscale leghista è cominciata quando il giochino è diventato insostenibile. E anche il Nord ha dovuto pagare qualche tassa in più per coprire il debito, quel giochino col quale si era arricchito per decenni. Nel frattempo il Sud non era mai diventato industriale, figuriamoci se consentivano una concorrenza in casa. E nel frattempo continuava sistematicamente il contrario di ciò che spacciava la propaganda: investimenti statali al Sud in misura molto più bassa di quella convenuta da tre governi, spesa pubblica corrente più alta al Nord che al Sud. Dati ministeriali, non neoborbonici. Benché Bossi continuasse a parlare di che toglie al Nord per dare al Sud.
    Ora che andiamo verso le elezioni, la Lega non vorrà presentarsi senza aver incassato il federalismo completo. Incombenza che fa sospettare approvazioni sommarie senza pensarci. Allarme rosso, per un federalismo già fortemente indiziato di portare al Sud maggiore spesa e più alte tasse. Se qualcuno al Sud e a Roma vorrà svegliarsi dal buonismo generale, avrà evitato di creare al Sud ancor più militi ignoti di un sacrificio sempre vilipeso e mai riconosciuto.
    http://www.linopatruno.com
    ndc. Cavour fu avvelenato (con polvere di cicuta) da una avvenente agente segreta di Napoleone III, entrata nei giochi erotici a tre che il conte Benso faceva con la sua amante fissa [cfr., Gilberto Oneto, “l’Italia unita dal bunga-bunga” _ http://rassegnastampa.unipi.it/rassegna/archivio/2010/11/03SIP3037.PDF _ ]

  3. Salvatore Santamaria

    Alto Adige: “via dall’Italia”, Eva Klotz lancia un referendum per l’autodeterminazione nei comuni
    [Campagna della SüdTiroler Freiheit: imitiamo un progetto della Catalogna]

    http://altoadige.gelocal.it/cronaca/2010/11/24/news/alto-adige-via-dall-italia-eva-klotz-lancia-un-referendum-per-l-autodeterminazione-nei-comuni-2806932

    Alto Adige, polemiche fra Schuetzen: cori degli austriaci contro i sudtirolesi
    BOLZANO. ”Il Tirolo diviso? Grazie al cielo”: lo avrebbero cantato durante una celebrazione a Monaco di Baviera alcuni Schuezten tirolesi, infastiditi dal radicalismo dei loro commilitoni sudtirolesi.

    L’episodio è raccontato dal giornale di Innsbruck Tiroler Tageszeitung e si sarebbe verificato durante un festeggiamento nell’ambito dell’Oktoberfest, la celebre festa bavarese della birra.

    Il giornale afferma che un episodio simile era accaduto già in Austria. All’origine dei malumori le diverse posizioni dei ‘tiratori scelti – eredi delle truppe anti-napoleoniche dell’eroe tirolese Andreas Hofer – che al di là del Brennero sono intesi più che altro come un fatto folcloristico e che invece sono più impegnati nella polemica politica in Alto Adige.
    23 novembre 2010

    Insomma… SIAMO TUTTI UN PO’ MERIDIONALI DI ALTRI CHE SONO QUALCHE Km PIU’ A NORD!

  4. Salvatore Santamaria

    POli Bortone:
    “Il Piano è un’offesa
    all’intelligenza dei meridionali”

    ROMA (27 novembre) –
    «Il ‘Piano per il Sud’, così come lo leggiamo sui giornali, è un’offesa all’intelligenza dei meridionali». Lo afferma in una nota il presidente nazionale di ‘Io Sud’, Adriana Poli Bortone, che spiega i motivi della sua affermazione.

    Primo, «perchè come dice Tremonti, è solo una proposta inviata a Bruxelles e sulla quale si inizierà a parlare con la Commissione Europea in un negoziato, a suo dire, ‘nè breve nè facile”. C’è da chiedersi, quindi, aggiunge la Poli Bortone – perchè l’Italia lo inizi a soli tre anni dalla fine della Programmazione Comunitaria 2007-2013. Non sarà perché il Governo Italiano potrà in questo modo scaricare la colpa sulla Commissione Europea, nel caso in cui questa risponda picche all’approvazione del Piano per il Sud?»

    Secondo, «perché bisognerà capire se l’invenzione dei ‘Contratti Istituzionali di Sviluppo’ che soppianteranno i Par, equivale a dire che le Regioni, che hanno stentato a farsi finanziare i Par, dovranno ricominciare punto e daccapo il lungo e faticoso iter di approvazione e finanziamento».

    Terzo, «perché è singolare che nella Legge di Stabilità (Finanziaria) in discussione in Senato e che sappiamo dovrà essere approvata, per ordini superiori, senza nessun emendamento, non vi è neanche la velata traccia di questo fantomatico ‘Piano per il Sud’».

    Quarto, «perché è’ quantomeno singolare che si faccia una manovra finanziaria, lacrime e sangue per gli italiani, con tagli orizzontali e quindi non selettivi in tutti i ministeri, che non si riesca a trovare qualche miliardo per coprire le esigenze dell’Università e che dal cilindro vengano, fuori, all’improvviso, 100 miliardi per il Sud».

    Quinto, «a prova di tutto ciò non è sintomatico il silenzio- assenso della Lega che inorridisce al solo pensiero di poter ricevere qualche tonnellata di rifiuti dalla Campania nella sua Padania e poi accetta addirittura che 100 miliardi, pari 3 o 4 finanziarie, siano destinati solo al Sud?».

    Sesto, «mi pare che il 4 maggio 2009 nel corso del convegno ‘Sud 2007-2013, ultima occasione’ tenutosi al Teatro Massimo di Palermo, l’allora ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola avesse già firmato il ‘Contratto per il Sud’. Di quanti lanci ha bisogno il Governo – conclude Adriana Poli Bortone – per potersi finalmente impegnare concretamente per il Sud?».

  5. Salvatore Santamaria

    Gli onorevoli squinternati in cerca di un giusto equilibrio, come l’On. Dalla Vedova in gramaglie, non devono fare altro che farsi un bel viaggetto ad Agropoli (provincia di Salerno) ed approfittare della sedia “fatata”…
    http://www.youreporter.it/video_Agropoli_lo_strano_caso_della_sedia_in_equilibrio_1

  6. Salvatore Santamaria

    GOVERNO FORTE E DEBITO “DEDERALE” PER METTERE AL RIPARO L’ITALIA
    di Davide Giacalone [ http://www.freenewsonline.it/2010/12/02/spread-politico/ ]
    postato il 02/12/2010 ore 12:02

    – Ci rivediamo fra due settimane, al tramonto del 14 dicembre, per sapere se un governo già in crisi, che riesce a far approvare la riforma dell’università, gode ancora, o meno, della fiducia parlamentare. Dopo di che riprenderà il gioco dell’oca, al cui traguardo ci sono le elezioni. Fra un lancio di dadi e l’altro, però, incombe un problema enorme, che non solo gli astanti si sforzano d’ignorare, ma interpretano in modo dissennato. Gli attacchi speculativi che hanno travolto alcuni Paesi europei, e che finiranno, in assenza di provvedimenti, con lo smontare la moneta comune, non si fronteggiano con tagli di spesa, secondo la vecchia ricetta, ma pongono problemi politici ineludibili. Insisto: il tema è tutto e solo politico, niente affatto tecnico. La via d’uscita c’è, anche se oggi sembra pazzesca.
    -E’ estremamente significativo che l’allarme più forte sia stato lanciato, opportunamente, da Gianni Letta, che non è né un economista né un imprudente, e non c’entra nulla l’inesistente polemica con le scelte compiute da Giulio Tremonti. Il nostro ministro dell’economia ha agito bene, la nostra condotta di spesa è virtuosa ed esemplare, non a caso capace di difendere l’Italia dal rischio del debito. I debiti pericolosi non sono piccoli o grandi, sono sostenibili o meno. Noi abbiamo dimostrato che il nostro (grande) è sostenibile. Il merito va in larga parte a Tremonti. Ma, purtroppo, non è affatto questo il punto.
    -Gli speculatori non sono dei satanassi che lavorano per il male dell’umanità, ma dei soggetti che, del tutto razionalmente, tendono a massimizzare l’utile dell’investimento finanziario. Se si accetta un sistema in cui Paesi diversi hanno la medesima moneta, ma pagano tassi d’interesse diversi sui loro debiti, essendo questi tassi la traduzione in cifre del potenziale rischio che l’investimento comporta, è naturale che si chieda sempre di più a chi ha difficoltà sempre maggiori. Se l’Unione Europea interviene per salvare chi va bancarotta, in questo modo tutelando gli altri Paesi e le loro banche, esposte con chi s’avvia a saltare in aria, finisce con il fare un piacere agli speculatori, che incasseranno rendimenti più alti a fronte di un rischio ridotto. Mettiamola in modo diverso: è come spostare ricchezza da scuole e ospedali a vantaggio di banche e speculatori. Non una bella cosa.
    -Questo spinge i Paesi più virtuosi e ricchi, che sarebbe più corretto definire “non ancora sotto attacco”, a mettere quei quattrini sul conto dei debosciati. Ma è un esercizio quasi impossibile, perché a fare i tagli più pesanti, fino a falcidiare del tutto lo stato sociale (vero oggetto finito in crisi), dovrebbero essere gli stessi Paesi che hanno i più alti tassi di disoccupazione. Tanto per capire: Spagna 20,7%; Irlanda 14,1; Grecia 12,2 e Portogallo 11. Per essere salvati, dunque, dovrebbero impoverirsi ulteriormente e bruciare altri posti di lavoro. Più la distanza cresce e più le loro banche e le loro imprese non possono competere nel mondo, e in particolare con i tedeschi. Come si può pensare che, con una roba simile, regga la democrazia o non produca una reazione di rigetto?
    -Veniamo a noi. Il nostro debito è costoso, ma sostenibile. In virtù del meccanismo descritto, però, gli speculatori cominciano a chiederci di più. Per ora senza esagerare, ma un solo punto (cento punti base) di distanza (spread) dai tassi tedeschi, ci costa, su base annua, 20 miliardi. Negli ultimi dieci giorni quella maledetta distanza è cresciuta di quel maledetto punto. Certo, i greci stanno a dieci volte tanto, gli irlandesi … e così via, ma rimane il fatto che dovremmo tagliare 20 miliardi di spesa pubblica per consegnarli alle tasche degli investitori. Che si fa? Tremonti ha governato con rigore, stringendo saggiamente la cinghia, ma continuare così, a fronte di un problema diverso dalla sostenibilità, significa strangolarsi. Consolidare il debito, come ha sostenuto un Benedetto Della Vedova in crisi d’ossigeno (amico mio, ma ti pare?!), servirebbe solo a superare i greci in volata. Le reni, tanto per non cambiare, ce le spezzeremmo da soli. Chiedere aiuto agli altri governi europei è inutile, perché così andando saremo sgranati come un rosario, giungendo alla fine con i tedeschi che faranno appello agli irlandesi. Se non altro per la birra.
    -Abbiamo, noi italiani, due particolarità: siamo uno degli Stati fondatori dell’Europa e siamo troppo grossi per essere salvati dalla speculazione. Siamo, quindi, nella condizione per dire agli altri: fermiamoci e ripensiamo il sistema, se vogliamo tenerci l’euro dobbiamo rendere federali i nostri debiti e cancellare gli spread, lasciando gli speculatori su una parete liscia.
    Dalla cazzata del Secolo alla cazzata del Millennio. l’Euro!
    Visto che l’euro impedisce le svalutazioni, visto che il cambio è comune e comune il tasso d’interesse che le banche pagano per avere il denaro, si mettano in comune anche i debiti statali. Garantirli e basta è costoso e inutile, federalizzarli significa annegarli nella più ricca area produttiva del mondo. Ciò comporta, naturalmente, l’integrazione politica, ben oltre la logorroica costituzione europea che gli europei bocciarono. La politica monetaria si sposa con quella economica, diminuendo una sovranità nazionale già boccheggiante. L’alternativa consiste nell’abbandonare l’euro.
    -Questo è il bivio, che si avvicina velocemente, strafregandosene che noi si sia occupati a esplorarci l’ombelico. Se al bivio non ci arriviamo con un governo, vero, solido, duraturo, saremo affettati. Prima di spaccarsi l’Europa si spaccherebbe l’Italia. Giusto in tempo per festeggiare i 150 anni.

    [ndr] Dicembre 2nd, 2010 La cazzata del millennio (III): l’EURO €€€€€€€€€€€€€€€ €€ … ‘a facettero li polentoni [Ciampi, Scalfaro, Prodi…]

  7. Salvatore Santamaria

    mercoledì, 01 dicembre 2010
    [IDA MAGLI E’ USCITA CON UN NUOVO LIBRO ” LA DITTATURA EUROPEA ” FORSE VALE LA PENA LEGGERLO ? E DOPO USARE LA TESTA !!!]

    LA CRISI EUROPEA: INFORMAZIONI E PROPOSTE
    di Ida Magli
    ItalianiLiberi | 17.11.2010

    La gravissima situazione della crisi attuale non è soltanto monetaria. Dobbiamo convincerci, per quanto possa apparire incredibile, che la crisi monetaria è uno strumento, il più forte e il più appariscente, fra i molti che sono stati messi in atto, per raggiungere un solo scopo: eliminare dalla scena politica, economica, culturale del mondo, le Nazioni d’Europa, riducendole ad un angolo asfittico di sopravvivenza marginale. I meccanismi, gli antefatti, i “segreti” di questa operazione si trovano ampiamente analizzati e spiegati nel mio libro “La dittatura europea”, pubblicato in questi giorni da Rizzoli (è il motivo per il quale sono stata assente in quest’ultimo periodo dal mio appuntamento con il sito degli Italiani Liberi e con la posta, ma spero che l’avrete compreso e perdonato) e al quale rinvio tutti i lettori in quanto si tratta effettivamente di un testo di assoluta denuncia e di un vero e proprio manifesto di battaglia, che ho temuto fino all’ultimo giorno che non sarebbe riuscito a vedere la luce. Troverete lì, perciò, non soltanto il racconto di quanto io ho sperimentato di persona durante i lunghi anni della mia guerra contro l’unificazione europea, ma i nomi di tutti i traditori dell’Italia, da quelli dei politici a quelli dei banchieri, e infine anche la proposta per i governi dell’UE di abbandonare Maastricht prima che l’euro crolli del tutto.
    Qui, però, voglio invitare i miei lettori a fare propria questa proposta con ogni mezzo che abbiano a disposizione, parlando, scrivendo, concretizzandola per l’Italia, senza aspettare le decisioni di nessun altro Stato.
    Nazionalizzare la Banca d’Italia e simultaneamente creare la propria moneta (una specie di “italeuro”, se non si vuole tornare a chiamarla “lira”, ma sarebbe meglio tornare alla lira in quanto esiste tutt’ora il riferimento del rapporto di cambio, rapporto che naturalmente va calibrato sulla situazione odierna dal Ministro dell’Economia).
    Riservare soltanto alla Borsa nazionale le emissioni dei Titoli di Stato e ai cittadini italiani il loro acquisto (sul modello attuato dalla Cina) così da impedire che se ne impadroniscano gli speculatori per provocarne il fallimento e che siano alla mercé delle agenzie di rating come sta avvenendo all’Irlanda, Grecia, Portogallo, ecc. Gli Italiani certamente comprerebbero i titoli di Stato con maggior fiducia e a un interesse maggiore di quello odierno quasi inesistente, mentre è veramente vessatorio (ma non è il termine adeguato) quello che succede con i “prestiti” del Fondo europeo e mondiale per i quali è richiesto un interesse annuale superiore al 5%
    Insomma, separare il destino economico dell’Italia da quello catastrofico degli Stati dell’UE, destino catastrofico che è stato voluto, programmato, perseguito e che alcune persone (non soltanto Ida Magli) ben più competenti, soprattutto a “sinistra”, avevano previsto fin dall’inizio della ventilata moneta unica. Il Direttore di Limes, per esempio, Lucio Caracciolo, titolava pochi mesi fa la sua rivista: “Dove va la moneta senza Stato?”; ma la sua voce era rimasta inascoltata già da quando, prima della fabbricazione dell’euro, pubblicava il suo polemico “Euro no”.
    Io, però, vado molto al di là dei supposti errori di valutazione e so con assoluta certezza, così come ho dimostrato nella “Dittatura europea”, che lo scopo era proprio questo: il fallimento, in tutti i campi, dell’Europa, anche se la maggioranza dei cittadini ovviamente non poteva neanche minimamente immaginarlo. Quindi bisogna ritirarsi subito anche da tutti gli altri provvedimenti di Maastricht, che sono tanto disfunzionali da far supporre che siano stati inventati da persone in preda ad accessi di follia. Le “quote”, tanto per fare un solo esempio, in base alle quali noi buttiamo il latte e la frutta che poi dobbiamo acquistare da altri, e altri Stati, per stare nelle quote, ributtano in mare quasi tutto il pesce che hanno pescato, e così via, mentre ci sono popoli che muoiono di fame. Ristabilire i dazi e le dogane per le merci che ci portano danno, come si è sempre fatto in base alla saggezza di secoli e secoli di scambi commerciali. Che senso ha correre dietro di negozio in negozio o da magazzino in magazzino agli articoli contraffatti o pericolosi della Cina, invece che bloccarli prima che entrino?
    Ritirarsi immediatamente dal trattato di Schengen, ripristinando i confini che ogni Stato sovrano deve possedere se vuole essere sovrano, e impedire così l’invasione immigratoria e i danni e le spese assurde che questa comporta.
    Insomma: rientrare in se stessi, nel buon senso, nella ragionevolezza, convincendosi che nella costruzione dell’UE siamo stati governati da due gruppi di persone: i pochi che guidano il mondo e che perseguono la nostra fine elaborando le leggi apposite, e una maggioranza che ha obbedito a ordini “folli” senza accorgersi che erano folli. Se vogliamo avere qualche piccola speranza di salvezza, dobbiamo rinsavire subito, cosa che forse aiuterà anche gli altri popoli a salvarsi. Purtroppo non c’è nessun Partito in Italia che abbia mosso neanche un’obiezione (salvo nei primissimi tempi la Lega) ai programmi dell’unificazione europea, quindi dai politici non possiamo aspettarci che facciano nulla se non vi sono costretti. Bisogna trovare un modo per pretendere con forza, con rumore, perlomeno la cosa più urgente: ritirarsi dall’euro. Non so chi organizzi le proteste contro la riforma dell’Università, questione di nessunissima importanza in confronto a ciò di cui stiamo parlando, però bisognerebbe riuscire a fare qualcosa del genere. Chiunque sia in grado di farlo, lo faccia.
    [Ida Magli Roma, 27/11/2010]

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